sabato 25 ottobre 2008

Post preposto al pre-partita

Nel mondo sportivo capita talvolta che una vittoria o una buona prestazione personale vengano ricondotte a un qualche evento o situazione verificatisi prima della gara. Gli atleti, si presume, sono perfettamente consapevoli che questi fatti non abbiano alcuna razionale connessione con l'esito dell'incontro; tuttavia essi vengono associati al successo con tale forza e convinzione da diventare abitudini irrinunciabili, veri e propri rituali pre-partita, che di solito riguardano il singolo giocatore, ma possono anche coinvolgere l'intera squadra.

Sicuramente tra i cestisti è abbastanza diffuso il rito di dover segnare un tiro libero appena prima della palla a due. Si vocifera che alcune partite siano state rinviate a data da destinarsi perché qualcuno non riusciva a imbucarla. E poi a volte in squadra non c’è un solo maniaco dell’ultimo canestro, ma almeno cinque o sei! Il che costringe gli arbitri a fischiare i tre minuti con mezz’ora di anticipo, per dare la possibilità a tutti gli scaramantici di iniziare la partita in pace con se stessi. Il guaio è che solo una persona può mettere l’ultimo tiro libero, perciò quando lo scaramantico vede un altro scaramantico segnare l’ultimo canestro, torna in lunetta per fregarlo a sua volta, e così per l'eternità.

Uscendo dallo specifico del basket bisogna ricordare quelli che gareggiano sempre con le stesse calze, si spera lavandole di tanto in tanto, quelli che devono arrivare al campo già con la divisa da gioco, e quelli che devono fare pipì nel terzo bagno. Qualcuno è convinto che porti bene far sempre merenda con pane e nutella, altri mangiano di regola l'impepata di cozze al pranzo che precede la gara, altri ancora ascoltano sempre la stessa canzone per rilassarsi, caricarsi o trovare la concentrazione giusta. C'è chi deve lasciare l'auto in un posto preciso del parcheggio, anche a costo di farne portare via un'altra col carro attrezzi, chi bere 3 sorsi d'acqua guardando insù, chi riguardare per la trecentesima volta la finale scudetto del '72, chi fare la giravolta, chi farla un'altra volta.
Alcune squadre si radunano al campo e poi entrano negli spogliatoi in ordine di numero, o perchè no ne escono seguendo la tabellina del 3; altre si esibiscono in curiosi urli e coreografie, e chissà cos'altro combinano in spogliatoio lontano dallo sguardo di avversari e pubblico.

Prima di lasciarvi lo spazio per raccontarci le vostre irrinunciabili abitudini, tornerei un attimo al basket per descrivere qualcosa che non è proprio un rito, ma è così universalmente diffuso da non poter essere trascurato!

Quando l’arbitro fischia i 3 minuti, l’isteria più totale coglie contemporaneamente tutti gli atleti presenti: infatti quello è il momento del terzo tempo da destra con soli due palloni. Tutti iniziano a urlare impazziti: "Due palloni!!! Due palloni!!!", col risultato di aumentare ancora di più l’isteria della situazione. Il che porta i giocatori a gettare il proprio pallone oppure a tenerselo nella convinzione che tutti lo gettino: si finisce sempre con l’avere tre, quattro, dieci palloni, o solamente uno, ma mai due. I palloni gettati a caso per la fretta di iniziare tornano in campo facendo inciampare chiunque. Il giocatore ormai nel panico non capisce più nulla, ignora quello a cui deve passare la palla e la dà a quello dopo, che nel frattempo stava ricevendo anche il secondo pallone e finisce per perderli entrambi o prenderli in piena faccia, mentre quello davanti ignorato da tutti o simula un terzo tempo senza palla facendo la parte dello scemo, oppure inchioda a mezzo metro da canestro scatenando una serie di tamponamenti a catena e un intasamento senza soluzione.

A voi la parola!

martedì 21 ottobre 2008

Crollano le Borse (e non solo loro)


Crisi finanziaria a livello mondiale, impatto sull’economia reale, recessione, la Ventura che litiga con quelli sull’Isola dei famosi…
In questo periodo di profonda crisi, io me ne stavo a stendere la biancheria sul balcone, quando è accaduto l’irreparabile: non ce l’ho fatta a tenere 2 paia di mutande e 2 mollette insieme in mano, e una molletta è inevitabilmente precipitata dal terzo piano, stramazzando nel giardino della signora del piano terra.
Essendo la suddetta signora un po’ avanti con l’età (come tutte le signore dei piani terra che si rispettino, del resto…), ogni molletta che mi cade nel suo giardino (e questa era la terza in pochi giorni) viene data praticamente per dispersa; non è che se le imbosca, è che proprio non si accorge che ci sono, poi a me dispiace andarle a suonare per raccattare 3 mollette arancioni, e sull’erba fanno anche un certo contrasto cromatico niente male.
Mentre aspettavo di sentire il flebile suono dell’impatto della molletta con il suolo, dall'alto la guardavo roteare e mi rendevo conto che con molta probabilità sarebbe stata l’ultima volta che la vedevo. Mi mettevo nei suoi panni (che calembour!), pensavo alla molletta che vedeva la vita passarle davanti agli occhi: tutti i panni a cui si era diligentemente aggrappata, tutte le notti passate nel cestello con le sue simili… e basta, perché le mollette in fondo hanno una vita un po’ di merda.
In pratica, mi stavo rendendo conto di aver perso un’altra molletta. Un altro oggetto della mia vita che non avrei più rivisto, o potuto usare ancora.

Quanti ombrelli abbiamo avuto in vita nostra? 10? 20? 50? Quante penne/capi d’abbigliamento/giocattoli/orologi/documenti abbiamo perduto?
Ed ecco quindi la mia personalissima soluzione per sfangare la famosa crisi economica che ci sta investendo: dobbiamo essere più distratti. Andiamo a letto tardi la sera, pensiamo ai fatti nostri mentre lavoriamo, facciamo più di una cosa contemporaneamente… In questo modo perderemo tanti oggetti di uso comune facendo risparmiare qualcosina a quelli che li troveranno, e pure noi troveremo tante belle cosine dimenticate lì, per strada o al lavoro, in palestra o al bar, di cui potremo appropriarci. Indebitamente, ma per il bene comune.

martedì 14 ottobre 2008

Abasso l'ha squola















"Scuola...
Scuola!
Aritmetica! Due per uno, nove! Due per due, quattordici! Due per quattro, zero! Due per sei, niente!
Storia! I Babilonesi! I Babilonesi sono... tutti morti!
Geografia!I Giapponesi! I Giapponesi sono 123!
Ginnastica! Fare questo esercizio!
"

Così urlava un Benigni in grande forma ne "Il piccolo diavolo", ad un Walter Matthau che gli aveva fatto ritornare alla mente quei tempi... Personalmente, ripensando al mio passato scolastico vedo più luci che ombre, ma c'è da dire che quando a scuola ci andavo ancora, era sicuramente l'opposto.

Fino alla quarta elementare ero (incredibile a dirsi) un secchione, e anche uno di quelli antipatici, che vogliono sempre avere il voto più alto della classe altrimenti protestano... In quinta elementare devo aver avuto una presa di coscienza, e se da lì in poi il rendimento scolastico ha subìto un deciso calo, in compenso credo di essermi divertito più di quanto avrei fatto se fossi rimasto il bravo bimbo che una volta ero.

Delle medie ho praticamente solo bei ricordi, e molti degli amici che mi sono fatto allora, li vedo ancora oggi. Facevo un casino esagerato: mi ricordo stormi di aeroplanini lanciati dalla finestra, lotte in bagno, trenini in corridoio durante la ricreazione, e altre stupidate come e peggio di queste.

Al liceo era tutta un'altra cosa, ovviamente.
Concordo con Rocco quando si lamenta degli orari: non ho mai capito perchè bisognasse andare a scuola alle 8 di mattina, quando tutti sono ancora rincoglioniti; fino alle medie non era tanto pesante, ma per andare al liceo spesso le distanze si allungano, quasi tutti devono prendere autobus/treno/motorino e inevitabilmente le ore di sonno si accorciano (anche perchè si comincia ad uscire la sera).
Ricordo bene gli attimi di terrore che precedevano il nome del prescelto per l'interrogazione di quella materia che "non ho manco aperto il libro, speriamo non mi becchi"; i compiti in classe con duecento tra bigliettini e appunti scritti sul banco in fretta nelle ore precedenti; le versioni di latino che non vengono mai, in attesa che qualche anima pia passasse almeno un paio di frasi sensate da scopiazzare... I vertici cattolici ecclesiastici saranno lieti di sapere che in quei momenti anche un non praticante come me si è lasciato prendere da un irrefrenabile e profondamente sincero bisogno di pregare, però quei minuti di panico non li auguro a nessuno.
Tutto sommato, però, anche al liceo mi divertivo, se non altro anche lì ho conosciuto gente nuova e buoni amici.

C'è una cosa che è cambiata radicalmente da quando ho finito di studiare, e cioè la visione che ho dei professori. Quando si va a scuola, si pensa che quel/quella prof. ce l'abbia con noi, o che magari ci goda a vederci in difficoltà, a farci domande difficili; vediamo i professori solo in ambito scolastico, e questo ci fa dimenticare che abbiano una vita al di fuori della classe e della sala docenti. Mi rendo conto di essere un esempio più unico che raro, però ancora oggi, a 7 anni e passa dal diploma, vado a scuola una o due volte l'anno a trovare la mia prof. d'italiano del liceo, e già che ci sono saluto anche gli altri (almeno, quelli che ancora mi riconoscono); così facendo ho cominciato a vederli un po' meno come "nemici", e più come persone normali, che hanno la loro vita normale, con un lavoro normale e dei normali problemi. Anche le gite di classe potrebbero essere un buon inizio nel processo di umanizzazione degli insegnanti agli occhi degli studenti, e a tal proposito faccio finta di fare l'intellettuale e consiglio un libro (che io naturalmente non ho letto): "Domani niente scuola" di Andrea Bajani (addirittura il link vi ho messo, che blog al passo coi tempi!).

Ho aperto con una citazione e non mi resta che chiudere con un'altra, stavolta di Woody Allen in "Io e Annie":

"Ricordo il corpo insegnante della mia scuola pubblica. Sapete, avevamo un detto: chi non sa far niente, insegna e chi non sa insegnare, insegna ginnastica. Quelli che neanche la ginnastica, credo li destinassero alla nostra scuola."